Генуя Хандрящая - страница 4

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6

Epicedio

Non sento orti
dentro me
solo steppa e tundra
Nessun fruscio di crescita o di vita
Nessuna trasformazione
Nessun organo di luce
Soltanto scie grigie
come vortici di numeri di roulette
e lampi magri
come radici di pianta carnivora
che divora angeli e aerei
al di sopra delle nubi
Non sento porti
dentro me
solo navi bombardate
Nessun formicolio di pulsante gioia attiva
Nessun trasporto o sollevamento
Nessun roteare di fari
Soltanto voragini e banchine sbrecciate
solo ganci di gru abbandonate
che dondolano al vento come donne impiccate
Non sento morti
dentro me
solo scheletri e silenzi
Nessun ricordo spezzato
come un ombrello dal temporale
Nessuna ernia da sollevamento lapidi
Nessun cacciavite a inchiavardare bare
Soltanto un asindeto di visioni amare
solo semafori lampeggianti grigio
in incroci deserti orfani di clacson
Non sento forti
dentro me
solo tende strappate
Nessuna donna che si fa sull’uscio
a salutare l’uomo che va via
Nessuna casa dalla schiena di pietra
Nessuna chiesa con le croci intere
Soltanto ombre impresse sui muri
e ponti che percorre solo il vento
e solo il vento un giorno potrà ritornare.

7

Un giorno mi ritroverete

Un giorno mi ritroverete
a giocare
con i gabbiani
sul declivio di Ostenda
o con i loro colleghi
seduto sui foruncoli pietrosi
di Leça da Palmeira
Un giorno mi ritroverete
a bussare inutilmente
al teatro abbandonato
di Ulica Piotrkowska
o a camminare
sbandando da un muro all’altro
nelle calle della Candelaria
Un giorno mi ritroverete
ad ascoltare per ore intere
la sinfonia in re bemolle
del vento settembrino
nei caruggi o nei barrios
Un giorno mi ritroverete
a contare i mattoni
delle chiese di Bruges
o a farmi insultare
per le strade di Oslo.
Un giorno mi ritroverete.
Per adesso, smettete di cercarmi.

8

Palingenesi

Mi sembra impossibile
essermi lasciato la battaglia dietro di me
clangori d’armi
e quell’odore dentato
di carne e ferro
le urla che uscivano dagli occhi
le urla che rimanevano inscatolate negli elmi svitati dal busto
le urla che diventavano sangue
e come sangue si rapprendevano e si raffreddavano
E quante braccia che si levavano
da corpi immobilizzati e deliranti
come radici alla ricerca dell’acqua
Un tappeto di erba e rumore
è quello che gli zoccoli sotto di me
calpestano felpati
Non so da quanto sia
aggrappato alla criniera
a voltarmi indietro
sputando terrore a ogni secondo