Solo un particolare fisico sembrava accumunare i due fratelli: il colore dei loro occhi che erano di un grigio-azzurro intenso, cosa che li distingueva da tutti gli altri bimbi dell’isola di Astagatt.
Akhmed, al contrario di Amir, non aveva nessuna passione per l’arte o la cultura in generale. La sua unica occupazione, durante l’infanzia e parte della sua giovinezza, era stata quella di giocare con i soldatini di piombo, ad altezza naturale, fatti realizzati dal sovrano, appositamente per lui, dai migliori artigiani dell’isola. Raramente si poteva notare Akhmed leggere qualche libro, se non quelli che parlavano di navi, di battaglie o di avventurose attraversate degli oceani. Il mare e la navigazione erano le uniche passioni che univano i due fratelli, ma per tutto il resto erano completamente agli antipodi, come l’acqua con il fuoco.
In diverse occasioni aveva apertamente manifestato la sua gelosia per il fratello maggiore, che detestava, a suo dire, anche per i suoi modi sempre troppo cortesi e gentili verso i sudditi del regno.
Per Akhmed, invece, bisognava mantenere le debite distanze dal popolo e governare con il metodo «del bastone e della carota».
A volte Akhmed, a causa del suo cattivo comportamento verso la servitù di corte, veniva punito dal re e confinato nella sua stanza. In quelle occasioni era solito ripetere a voce alta: «Un giorno tutto questo cambierà. Io sono un principe e nessuno può dirmi cosa devo fare e cosa devo dire. Prima o poi ucciderò quell’imbecille di mio fratello Amir e tutti dovranno temere la mia ira. Mi ricorderò di tutti quelli che oggi mi procurano dolore e, quando sarò sul trono di Astagatt, la mia vendetta sarà implacabile».
La regina Adeela, benché restasse colpita dal feroce odio provato dal figlio minore nei confronti del fratello, non ne stigmatizzava le parole. Anzi, accarezzandogli la testa rasata cercava, con pazienza e dolci parole, di riportarlo alla calma. Gli sussurrava che, un giorno non lontano sarebbe diventato il potente sultano dell’isola di Cora. Era quello il suo destino, già scritto nelle stelle, in qualità di unico discendente maschio designato a succedere a suo nonno Akhmed Al Kebir.
Amir, che amava il fratello più piccolo e gli perdonava tutte le provocazioni e gli scherzi stupidi che era costretto a subire, solo in un’occasione perse il suo proverbiale autocontrollo e si arrabbiò moltissimo con Akhmed. Questi gli rubò la preziosa e amatissima collezione di vecchi libri di storia e trascorse un’intera settimana prima che si decidesse a restituirla al fratello. Fu solo grazie all’intervento, duro e deciso, della regina Adeela, che la questione tra i fratelli fu risolta