Mastro Eridano, milanese, padano,
nato in zona Centrale,
verso viale Brianza,
su, lascia la poltrona,
cosa c’entra il diabete
e che serve la moglie
e ottant’anni che sono?
Non hanno età i maestri,
hanno maestri e allievi mille anni
o dieci o due o nulla.
Su, prendi le tue penne
e la verga e la cappa di sciamano,
dimmi dove le tieni – dietro ai libri?
Tu sorridi: è vero, a parte il russo,
un tempo mi son dato alla magia.
Da qualche parte ancora, in un cassetto,
devo avere la pietra.
La pietra? E quale?
La filosofale.
Lo stormo è alto in cielo,
vieni,
non rimaniamo indietro.
A Mosca staccheremo dalla trave
il bellissimo Esenin suicidato,
e dalla tomba prenderemo Babel’
e Mandel’štam e Blok, i tuoi poeti,
poi oltre gli Urali tutti gli animali
nostri antenati, e Dersu Uzala.
In vita tua
hai fatto una
passione per le donne:
a Samarcanda avrai
la più bella del regno come sposa.
Tu sospiri:
ah, sei giovane tu! Io sono un vecchio.
Oh, non trovare scuse.
Fuori la cappa azzurra di sciamano!
Azzurro, azzurro, gioia dell’abisso.