Una lettera giunta ieri sera
sul mio tavolo,
indirizzo, testo, tutto scritto a mano:
una scrittura come una foresta
inquietata dal vento che rovina dall’alto,
un rotolare in basso, lunghi rami
e ramoscelli storti con dei buchi,
qua e là come uccelli le maiuscole.
Viene da Ratisbona, la Franconia profonda,
la Germania di fiaba.
“Non vedo più, leggo poco, mi stanco”:
così il vecchio alla sua antica allieva.
Non scrive più quell’altro, è in Garfagnana
accudito dai figli,
li fa impazzire per sedersi dritto,
si abbandona, lo sgridano,
parla dei suoi autori, di Tolstòj e di Puškin,
e non ricorda se ha pranzato o no.