Итальянский с любовью. Осада Флоренции / L'assedio di Firenze - страница 2

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Capitolo Primo

Niccolò Machiavelli

Sceso il ponte, il pellegrino camminò per gran parte della via chiamata dei Guicciardini: già era prossimo alla fine del suo pellegrinaggio, quando gli parve vedere, e vide certo, una figura immobile davanti alla casa dell’amico. Si fa più appresso, più appresso ancora: quelle forme non gli sembravano ignote; esita nel ravvisarle, le ravvisa, e con tale una voce che svelava una piena immensa di affetto, una speranza adempita, forte sclamò: “Buondelmonti!”

Lo sconosciuto anch’egli, quasi desto per forza, balzava indietro gridando: “Alamanni!”

E l’uno nelle braccia dell’altro precipitava e sentiva sopra il suo cuore palpitare il cuore dell’amico col palpito più generoso che mai fosse concesso ai nati della creta. “E già tardammo anche troppo”, – soggiunse Luigi Alamanni; e così favellando[2] prese pel braccio il Buondelmonti e salirono. Non incontrarono nessuno nè udivano muovere passo o articolare parola: una lampada appesa alla volta della sala ardeva solitaria e prossima a morire. Percossi dallo insolito silenzio, si avvolgono per lunga serie di stanze prive di lume; alla fine giungono in parte dove vedono scaturire una striscia di luce; si accostano all’uscio ed aprono.

Niccolò Machiavelli giace[3] vicino all’ultima sua ora. Ora solenne nella quale l’anima, non bene uscita dalla spoglia mortale né ancora volata alle dimore celesti, sembra soffermarsi sopra la soglia dello infinito, esitante tra le gioie promesse e gli effetti goduti; colloquio misterioso fra il Creatore e la creatura che nessuna mente possa comprendere, nessuna lingua descrivere, forse di amore, forse di rabbia, ma certamente pieno d’ineffabile amarezza.

Un giovane di vaghe sembianze, genuflesso a canto il letto, si cuopre il volto con la destra abbandonata del moribondo e la bacia e tacito vi sparge sopra largo rivo di pianto: un dolore senza fine amaro si ostina a prorompere[4] urtandogli impetuoso le fauci; la pietà del moribondo stringe il giovane a comprimerlo, sì che si ripiega fremente a spezzargli sul cuore, e il corpo si agita tutto di scossa convulsa. A capo del letto, dalla parte diritta, sta un frate di volto severo, stringe le labbra tra i denti, guarda il moribondo e non fa atto di pietà o d’impazienza; se non che la fronte, con vicenda continua, ora gli si corruga ed ora gli si spiana; come i nuvoli sospinti dalla bufera davanti al disco della luna, tu puoi scorgere i pensieri procellosi che l’attraversano. Appié del letto occorreva un’altra figura vestita di corazza d’acciaro, con ambedue le mani coperte di manopole di ferro soprammesse al pomo della lunga spada; anche il suo volto rendeva decoroso largo volume di capelli cadenti, le guance rase e le labbra, la fronte purissima, dove avrebbe potuto, come sopra il santuario, deporre un bacio l’angelo della innocenza; e lui stesso sembrava un angelo che i credenti affermano vigilare intorno i letti dei giusti moribondi a respingere gli assalti dello spirito infernale. Lui,